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Psicoterapeuta Milano: Dott.ssa Linda Pigazzi

Psicoterapia Cognitivo Comportamentale a Milano

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Home / Disturbo dipendente di personalità

Disturbo dipendente di personalità

Cos’è il disturbo dipendente di personalità

Il disturbo dipendente di personalità ha come fulcro l’idea di sé come inadeguati, incompetenti ed indifesi, incapaci di poter vivere contando sulle sole proprie forze.

Chi ne soffre ha una bassa stima di sé e ritiene di poter sopravvivere solo per procura.

Affida cioè ogni scelta e responsabilità ad un’altra persona, un genitore o più tipicamente un partner, anche nelle più piccole scelte (dal cosa ordinare da un menu, a di quale colore comprare una maglia), incluse ovviamente scelte più importanti di vita come quale casa acquistare o a quale facoltà iscriversi, sino a quale gruppo amicale frequentare.

La personalità dipendente assume un atteggiamento disponibile e sottomesso. Teme che se non facesse così gli altri, soprattutto colui/colei da cui dipende, si arrabbieranno e l’abbandoneranno. Non sa dire di no.

Paga tuttavia il prezzo di covare noia, rabbia, risentimento; poiché vivere a stretto contatto alla mercé di qualcun altro fa scaturire inevitabilmente conflitti interni che l’individuo che soffre di questo disturbo non si sente in diritto di esprimere.

A lungo termine il rischio è di non sapere più nemmeno cosa le piaccia, cosa preferisca, cosa vorrebbe a differenza dell’altro.

L’individuo dipendente crede che le proprie scelte o preferenze siano errate, non si sente perciò capace di scegliere e ritiene che gli altri  ne sappiano di più e decidano con maggior criterio.

Ne consegue la tendenza a chiedere costantemente consigli e rassicurazioni, sino a sentirsi dire esplicitamente o ad intuire cosa l’altro farebbe e ad adeguarsi al pensare altrui.

L’altro è fondamentale: assicura di compiere scelte giuste, consiglia, difende… in una parola l’altro è l’addetto al prendersi cura di lui/lei, perché da solo/a non crede di farcela.

Ciò non significa siano persone realmente incapaci, semplicemente non corrono il rischio di assumersi responsabilità e, anche nel contesto lavorativo, non lo fanno. Si limitano a fare quanto gli viene detto, chiesto e non agiscono mai di propria iniziativa.

Il credere di non essere in grado di scegliere in autonomia implica non solo la delega all’altro della scelta stessa, ma anche il non osare intraprendere azioni di propria iniziativa.

Il dipendente non inizia progetti né fa le cose per conto proprio, tende ad aspettare siano gli altri a dargli il là, perché da solo crede di sbagliare, di non farcela, sminuendo le proprie capacità.

Ritenendo che gli altri siano più bravi di lui/lei, vi si affida e crede che il suo seguire l’altro con tutta la buona disponibilità e fedeltà gli garantirà l’affetto, la protezione e la costante presenza riconoscente dell’altro.

Se a breve termine il dipendere dagli altri ha il vantaggio di ridurre l’ansia dell’assumersi la responsabilità di decidere per conto proprio, dall’altro comporta la sottomissione e, come il nome del disturbo suggerisce, la dipendenza all’altro, con un deficit di autonomia ed indipendenza.

Dipendenza affettiva

Vivono di un illusorio baratto alla pari: “Se io riesco ad essere indispensabile per te, tu non mi lascerai mai solo/a”.

E sull’onda di questa credenza, investono energie e scopi per soddisfare ogni possibile bisogno dell’altro (dei quali divengono spesso abili lettori), illudendosi così di rendersi fondamentali nella vita dell’altro e di averne un posto in primo piano.

Il mantenimento della relazione con l’altro è per questi pazienti di vitale importanza, è come se gli delegassero il loro diritto ad esistere, confondendo l’amore per una sudditanza incondizionata.

Temono quindi in maniera atavica che l’altro le/li abbandoni, perché tale evenienza rappresenterebbe la perdita di se stessa/o.

Segnali di distacco da parte dell’altro provocano nella personalità dipendente una sensazione di angoscia profonda e l’abbandono di vera e propria disperazione.

E’ sensibile ai minimi segnali di queste possibilità, nonché a quelli di disapprovazione e critica.

La solitudine rappresenta un buco nero: smarrimento, angoscia, vuoto, inutilità, assenza di scopi, impossibilità di poter affrontare la vita.

Per quanto assoggettati da un altro percepito il garante del loro esistere, la realtà è che questi individui hanno desideri e scopi propri ma, il loro “stile dipendente” li porta a non riconoscerli e quindi a non perseguirli.

Qualora si accorgessero di una loro preferenza non sono in grado di mettere in atto comportamenti volti al loro perseguimento se solo immaginano che l’altro non sarà d’accordo.

E’ in questi casi che avvertono la rabbia, un senso di disappunto e costrizione che prontamente reprimono poiché esprimerli rappresenta per loro il certo precursore dell’abbandono da parte dell’altro.

Per questo ripristinano ben presto comportamenti di sudditanza, protagonisti attivi di relazioni interpersonali che se da un lato rappresentano il faro delle loro scelte, dall’altro vengono fondate su un profondo squilibrio.

L’altro e i suoi bisogni vengono sempre prima di sé e dei propri.

Tendono così a rinunciare ai propri, ad anticipare quelli altrui ricoprendo spesso l’altro di cure non richieste, talvolta soffocandolo.

E se l’altro esplicita il proprio bisogno di libertà, le personalità dipendenti lo leggono immediatamente come un segnale di abbandono e di rifiuto al sé. “Non gli piaccio più, non gli vado bene” o “Ha trovato qualcun altro meglio di me”.

Il loro stile cognitivo e comportamentale nel tempo le svuota confermando, in un circolo vizioso, quanto già credevano di se stesse.

Le relazioni per loro foriere di sicurezza e cure, si costituiscono in realtà su dinamiche dipendente-dominatore o inseguitore-rincorso. La dipendente rincorre i bisogni dell’altro, sacrificandosi per soddisfarli e se sbaglia anche solo una volta rischia l’abbandono.

Queste personalità sono facile prede di partner che soffrono di disturbo narcisistico di personalità.

Diagnosi disturbo dipendente di personalità

Riassumendo, secondo il DSM V, affinché sia diagnosticabile un disturbo dipendente di personalità occorre che l’individuo viva secondo “una necessità pervasiva ed eccessiva di essere accudito, che determina un comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione”.

Tali modalità e vissuti iniziano entro la prima età adulta e sono presenti in svariati contesti, soddisfacendo almeno 5 dei seguenti criteri:

  • difficoltà a prendere decisioni senza un’eccessiva richiesta di rassicurazioni e consigli
       
  • bisogno che gli altri si assumano la responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita
       
  • difficoltà ad esprimere disaccordo per il timore di perdere il supporto o l’approvazione
       
  • difficoltà a fare cose autonomamente o iniziare progetti per mancanza di fiducia nel proprio giudizio
       
  • può fare qualsiasi cosa pur di ottenere supporto e accudimento da parte degli altri, al punto da offrirsi per compiti spiacevoli
       
  • nutre sensazioni di disagio e di essere indifeso se solo
       
  • quando termina una relazione intima avverte subito il bisogno di trovare un’altra fonte di accudimento
       
  • preoccupazione irrealistica ed eccessiva di essere lasciato solo a prendersi cura di sè

L’instaurare rapporti interpersonali con queste modalità porta spesso chi soffre di disturbo dipendente a vivere vissuti di ansia (dell’abbandono in primis nei rapporti più intimi, ma anche nel prendere decisioni in contesti ad esempio lavorativi), di frustrazione o rabbia repressa (ad esempio per non vedere riconosciuti i propri sforzi in contesti lavorativi, o un senso di ingiustizia nel non essere considerata nei rapporti affettivi tanto quanto lei considera gli altri), di depressione e vuoto (quando rifiutata o abbandonata).

Curare disturbo dipendente di personalità

Per recuperare il proprio benessere la psicoterapia cognitivo comportamentale si basa su un percorso, in genere individuale e a frequenza settimanale, che verte al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • riscoperta dei propri bisogni, desideri, scopi e diritti
       
  • acquisizione delle abilità di gestione degli stati problematici (vuoto, timore dell’abbandono e sensazione di inadeguatezza nell’affrontare autonomamente gli eventi di vita)
       
  • acquisizione della capacità di esprimere e perseguire i propri bisogni e scopi
       
  • ristabilire un senso di stima di sé, aumentando il senso di efficacia personale
       
  • acquisizione di autonomia nelle relazioni interpersonali
       
  • apprendere ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte non temendo l’errore
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DOTT.SSA LINDA PIGAZZI

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Psicologa Psicoterapeuta cognitivo comportamentale a Milano.

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